Capo Nord è una di quelle destinazioni da “Once in a lifetime”. Una di quelle destinazioni a cui ti prepari con la mente sin da bambino, in cui fantastichi di camminare sulle strade terrose, di incrociare il tuo cammino con le renne per poi riposare in una piccola casetta di legno dall’atmosfera natalizia.
Inevitabile che il punto più a nord in Europa, raggiungibile in auto, evochi euforia ed eccitazione anche una volta cresciuto.
Raggiungerla nel 2018 è molto più semplice, ma il tragitto ha ancora il profumo di un’antica esplorazione, e ancora si ascoltano gli echi dei tempi in cui la grandiosità della natura non era stata addomesticata.
– Oggi questa imponenza si palesa più che altro nel momento in cui guardandoti i piedi fradici ti accorgi di aver sbagliato il tipo di scarpe. –
Il mio viaggio è però iniziato da Amburgo, una città dal fascino crudo in cui quartieri moderni come quello di Hafen City si mescolano al respiro internazionale, che solo uno dei porti più grandi al mondo può regalare.
Il pit-stop aveva come fulcro della visita il kunsthalle, per vedere da vicino i capolavori romantici di Caspar Friedrich.
Solo una volta arrivato all’ingresso ho scoperto che la sua opera più famosa Viandante sul mare di nebbia si trovasse a Berlino per una esposizione. Lo sconforto non ha permesso però di rovinare l’esperienza in uno dei musei più accoglienti che abbia mai visitato. Anche se l’ululato del vento tra le pareti, nel silenzio delle esposizioni, mi continuava a ricordare la vera destinazione del mio viaggio.
Arrivato finalmente alla prima vera tappa Molde, una graziosa cittadina ideale per la transizione nella pacatezza Norvegese, ma che dimostra la propria vitalità in eventi come il Molde International Jazz Festival, probabilmente il più celebre al di fuori dei confini Norvegesi.
Sul molo alcuni ragazzi pescavano, dietro di loro il tramonto sul fiordo. Una tranquillità scombussolata solo dall’arrivo delle grandi navi da crociera e dai postali.
La tappa successiva era già Honningsvåg, punto di partenza per Capo Nord. Per raggiungerla mi attendevano 1200 km ed alcuni giorni di navigazione. Questo mi ha permesso di conoscere e perdermi nei riflessi del mare del nord.
Il colore intenso, le onde che si frastagliavano con violenza e la pioggia incessante sono stati un improvviso schiaffo che hanno fatto crescere in me la frenesia nel voler osservare la sua continua evoluzione durante il giorno.
Honningsvåg si è dimostrata esattamente come da aspettative: semi deserta, cupa e poco avvezza al turismo.
Questo la rende un’esperienza estremamente affascinante. Anche se le poche attrazioni che mi hanno incuriosito prima di partire verso l’isola di Magerøya sono state due: la piccola chiesa ottocentesca, in cui è ancora viva la memoria di quando divenne rifugio dopo la seconda guerra mondiale e un Ice Bar, il cui concetto è lo stesso di altri sparsi nel mondo, ma a queste latitudini ha decisamente un suo senso.
Il tragitto di 30 km per arrivare a Capo Nord non permetteva di rilassarsi, fuori dal finestrino un susseguirsi di scenari che ti si imprimono addosso.
– Poco dopo avrei assaggiato il salame di renna, probabilmente delle stesse che stavo osservando dal finestrino, ma questo non ha intaccato il ricordo fiabesco di quel momento. –
E alla fine ecco il “Globo”, me lo sono ritrovato davanti, sotto lo strapiombo sul mare di Barents. Il vento che tagliava il viso, nonostante si fosse aperto uno squarcio di sole nel cielo. Una sensazione di assoluto.
Toccato il punto più alto raggiungibile si prospettava il ritorno verso Amburgo, questa volta la navigazione comprendeva tre tappe che valgono un viaggio a sé: Tromsø, Trondheim e Alesund.
Tutte e tre in netto contrasto con tutto quello visto fino a quel momento, tre città vivaci, caotiche per gli standard norvegesi.
Tromsø è sede di alcune delle università più importanti della nazione, questo si riflette enormemente nella sua quotidianità.
Salire sulla funivia, la “cable car”, dona una prospettiva sulla città, i fiordi e le montagne circostanti di rara bellezza.
Trondheim è la quarta città della Norvegia per numero di abitanti. Quello che mi ha più colpito è stata la sua sensibilità per l’arte contemporanea, che si lascia svelare tra i suoi scorci con le case colorate che si riflettono sul Nidiva e le tracce del suo passato medievale.
Infine Alesund è la destinazione perfetta per concludere un itinerario del genere. Ho terminato la visita scendendo i 418 gradini che dal punto panoramico portavano al centro città in stile Art Noveau, una vera e propria scalinata verso il paradiso.
Non c’è tristezza nel concludere un viaggio così. Navigare tra i fiordi, ignorare il gelo che ti blocca le dita per restare a guardare un po’ di più quello che hai davanti ti permette di rendere coscienti degli stati d’animo che pensavi non potessero avere un nome. Impacchettarli e conservarli.
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Complimenti, articolo molto interessante