Per alcuni Terra Promessa, per altri Terra Santa, per altri ancora Terra dell’ascensione. In realtà è un’unica Terra bagnata dal sangue di 3 diverse religioni. È Israele, uno stato giovane ma con una storia tanto antica quanto complessa. Ho cercato di leggere libri che mi facessero capire lo stato attuale e, forse, un perché di tante tragedie, ma il risultato è stato une serie di nomi, anni e popoli che si sono scontrati per la conquista di quella Terra.
Ho atteso due anni per fare questo viaggio con il sito della Farnesina che riportava “situazione fluida e in costante evoluzione” e i media che periodicamente lanciano servizi di allarme ed emergenza. In realtà non ho percepito alcun pericolo durante la mia permanenza.
TEL AVIV
Tel Aviv è proprio una Miami del Medio Oriente, grattacieli che dalla “city” arrivano fino al mare, spiagge popolate da gruppi di ragazzi che giocano a frisbee e racchettoni, skater che sfilano sul lungomare e localini aperti fino a notte fonda. La “Start Up City” è dinamica e coinvolgente. Pensate che l’età media degli abitanti è di 34 anni. L’altra faccia della città, che si contrappone alla modernità e agli edifici Bauhaus, è quella tradizionale di Giaffa, vecchio porto arabo, con i suggestivi vicoli costruiti ai tempi degli ottomani.
GERUSALEMME
Ci si arriva in 40 minuti di autostrada partendo da Tel Aviv ed è subito poesia.
All’interno delle mura della città vecchia si trovano 4 quartieri – ebraico, cristiano, arabo e armeno. Un intreccio di viuzze sali e scendi che non delimitano le 4 zone, ti accorgi tu stesso di passare da un quartiere all’altro per i piccoli dettagli che le caratterizzano. Varcata la porta di Giaffa ci si addentra in un susseguirsi di bancarelle di souvenir. Ma subito l’attenzione viene richiamata dal rintocco di campane e già ti immagini la fatica di quel poveretto che sta tirando con tutta forza la corda per muoverle. Senza guardare troppi cartelli ci si incanala per una via che si apre sulla facciata della Chiesa del Santo Sepolcro. All’entrata i mosaici bizantini brillano nelle volte, le lampade di vetro colorato penzolano dai soffitti e i candelabri d’ottone decorato innalzano lunghe candele.
All’uscita sembra che il tempo si sia fermato ma poi senti il canto del muezzin e prosegui nelle vie capendo che stai per andare verso quello mussulmano. Questo quartiere è il loro mercato e ti lasci trasportare dal flusso del popolo verso quella cupola d’oro simbolo della città. Peccato che i cancelli chiudano alle 11 della mattina e ai non credenti non è permesso entrare. Quello ebraico è quello più curato nei dettagli con spiazzi negozi e gruppi di giovani soldati. Per avvicinarsi al Muro del Pianto bisogna passare dal metal detector e fa strano pensare che li le persone si recano per pregare anche ogni giorno. Non è il muro che affascina, non sono i tanti foglietti infilati nelle pietre, nemmeno le file di sedie di platica separate tra la zona per donne e quella per gli uomini: ma è il tempo che passano davanti a quel muro, i gesti e i passi all’indietro per uscire dall’area senza voltargli le spalle. Il quartiere armeno invece è quello più piccolo e sembra di passeggiare all’interno delle mura bianche di un vecchio borgo.
Ma Gerusalemme non è solo “vecchia”. Esiste anche una città nuova e contemporanea. Vicino all’ostello dove ho soggiornato The Post Hostel (consigliatissimo per la qualità e il servizio offerto) c’è il Alrov Mamilla Avenue, un grande mall all’aperto che si integra agli antichi edifici storici. Poi c’è la Prima Stazione, un centro culturale con ristoranti gourmet, bancarelle e artisti che suonano. Il suk tradizionale invece è il mercato di Mahane Yehuda, da vivere di giorno per trovare tutti i prodotti locali ma ancora di più la sera con bancarelle di streetfood, bar e dj set.
MAR MORTO
In un’ora d’auto da Gerusalemme si raggiunge facilmente il Mar Morto. A metà percorso si può scorgere un cartello che indica il punto più basso della Terra. Infatti, il Mar Morto si trova a 415 metri sotto il livello del mare!
Il meraviglioso paesaggio, a tratti un po’ spettrale, che ti accoglie in fondo alla lunga strada dritta, è assolutamente da vedere per crederci. Ci sono poche zone balneabili lungo la costa, perché i lastroni di sale che si formano a riva non permettono l’avvicinamento (sono piuttosto taglienti). Si può scegliere di andare in una delle poche strutture attrezzate oppure trovare un punto agibile per la discesa. Una volta che ci si immerge la sensazione è davvero strana. L’acqua, 8 volte più salata rispetto a quella dei mari, come un guanto ti avvolge. È viscosa e appena si alzano le gambe ti dà una spinta per stare a galla sulla superficie. E li ti accorgi di tutto quello che ti sta intorno: una lunga linea orizzontale che divide l’azzurro biancastro dell’acqua e il beige rossastro della terra arida e dei promontori da cui si innalzano.
A pochi minuti di distanza, seguendo la costa, si arriva a Masada. Un altopiano raggiungibile con un tortuoso percorso o semplicemente con una funivia. Un punto panoramico eccezionale. Le rovine che sorgono sul promontorio raccontano la storia di un migliaio di ebrei che nel 70 DC si rifugiarono qui per scappare dalla conquista di Gerusalemme da parte dei romani. Piuttosto che arrendersi e finire schiavi del nemico, vista la non possibilità di salvarsi, si suicidarono in massa. Una storia tanto forte e sentita che tutt’ora le reclute dell’esercito israeliano la ricordano pronunciando il loro giuramento “Mai più Masada cadrà”.